Dolce paese, onde portai conforme
l'abito fiero e lo sdegnoso canto
e il petto ov'odio e amor mai non s'addorme,
pur ti riveggo, e il cuor mi balza in tanto.
Ben riconosco in te le usate forme
con gli occhi incerti tra 'l sorriso e il pianto,
e in quelle seguo de' miei sogni l'orme
erranti dietro il giovenile incanto.
Oh, quel che amai, quel che sognai, fu in vano
e sempre corsi, e mai non giunsi il fine;
e dimani cadrò. Ma di lontano
pace dicono al cuor le tue colline
con le nebbie sfumanti e il verde piano
ridente ne le pioggie mattutine.
Metro: Sonetto con schema ABAB ABAB CDC DCD
In questo componimento, tuttavia, il contrasto fra la dolcezza del ricordo e la delusione presente (gli occhi incerti tra 'l sorriso e il pianto) non ha, come altrove, toni drammatici, ma pacati e sereni, ed è inserito in una struttura ampia e ben costruita: la prima quartina è tutta occupata da un periodo che inizia con il vocativo Dolce paese - a focalizzare subito il centro lirico del componimento - e presenta il verbo principale solo al v. 4; la seconda quartina, anch'essa coincidente con un unico periodo, è tematicamente dedicata all'elegia del ricordo, cui si contrappone l'amarezza del presente espressa dalla prima terzina: non a caso la sintassi qui è più franta, si direbbe ansimante, pausata da ben quattro virgole e due punti e virgola nei primi due versi.
Nel terzo verso, la forte cesura centrale (punto fermo) dà risalto al secondo emistichio, con il quale ha inizio l'ultimo periodo, che si stende in un ampio giro a occupare tutta l'ultima terzina. Il marcato enjambement fra le due terzine porta in primo piano il termine pace (complemento oggetto già rilevato dall'inversione che lo premette al verbo, complemento di termine e soggetto), sostantivo-chiave deputato a significare la sensazione di grande serenità proveniente dal paesaggio maremmano.